Dalle “Lettere alla piccola Devdurak” (IV)
Lo sai, piccola Kazbek, che quando sedevamo sulla collina, sono discretamente sceso a valle per guardarci entrambi? Tu eri tutta nel sole, e il sole era tutto in te, e radiosamente mi illuminavi, proiettando un’enorme ombra che copriva quasi tutta la montagna. Così, d’improvviso mi sono sentito così triste, e ho iniziato a correre giù a valle, lontano, e quando sono ritornato tu splendevi ancora più luminosa, ma la mia ombra non c’era più.
Eravamo entrambi molto occupati – dovevamo dividere una fragola selvatica in due parti uguali. L’abbiamo posata su una foglia e divisa in buona fede – quella piccola fragola selvatica.
E allora mi sono ricordato che c’era un tempo in cui il mondo sembrava una fiaba. Il sole splendeva cento volte più luminoso, sterminate foreste di nocciole argentate si aggrovigliavano lungo le spiaggie di laghi di smeraldo, e un orribile pterodattilo volava tra code di cavallo dorate, alto come il cielo. Che strano il suo volo, con un tremendo fracasso, minaccioso, che scompariva nella foschia splendente di dodici archi, sorvolando perpetuo sul Pacifico.
Traduzione di Dario Martinelli